IL CAMPO LARGO
Il Pd: «Cambiano la legge elettorale perché sanno di perdere». Conte: «Battuto il governo Meloni, ora non saltellano più»
Insieme sul palco tutti i leader delle opposizioni, a guardare le politiche del 2027. Ognuno con la propria lente
Tutti i leader del campo largo a Napoli per una foto abbracciati che è anche un sospiro di sollievo. Perché la vittoria ampia in Puglia era scontata e la sconfitta in Veneto anche. Mentre il risultato di Roberto Fico in Campania teneva più sulle spine. Se il successo fosse stato sul filo, per la coalizione sarebbero arrivati giorni bui. E invece questa ultima tornata di regionali ha messo tutti d’accordo: «La partita delle prossime politiche è apertissima».
Lo ripetono uno dopo l’altro la segretaria del Pd Elly Schlein, il presidente del M5s Giuseppe Conte, i leader di Avs Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Tanto aperta che la destra sta pensando di cambiare la legge elettorale perché, sentenzia Schlein: «Hanno paura di perdere».
Tabelle alla mano, nel centrosinistra hanno calcolato che con l’attuale legge elettorale, «con la coalizione che abbiamo costruito oggi - spiega la segretaria - nel 2022 non avrebbe vinto il centrodestra e perderebbe nel 2027». Eppure, le regole del gioco potrebbero diventare un motivo di inciampo dentro il centrosinistra. Al Pd quelle di adesso potrebbero andar bene: "Non si capisce perché cambiarle se non per ragioni di bottega", dice il responsabile Organizzazione del Nazareno, Igor Taruffi. Mentre il M5s vuole cambiarle: «Siamo per un proporzionale», ricorda il capogruppo alla Camera Riccardo Ricciardi.
Intanto, però, stanno insieme sul palco, a guardare le politiche del 2027. Ognuno con la propria lente. C'è quella testardamente unitaria di Schlein, con citazione di Pino Daniele: «Tanto l'aria s'adda cagnà». Perché «uniti si vince - ripete - .Il margine di Fico e Decaro dimostra che uniti si stravince, e anche dove non vinciamo, come in Veneto, raddoppiamo i risultati».
C'è quella sarcastico-rivendicativa di Conte, che prende in giro il modo in cui i leader di centrodestra hanno chiuso la campagna elettorale a Napoli: «Non saltellano più». Fico ha battuto sonoramente un candidato di Fratelli d’Italia, un esponente del Governo Meloni, senza mischiarsi a una lotta nel fango».
C'è quella del rilancio di Bonelli e Fratoianni: «Ora costruiamo insieme un’agenda di programma per il Governo».
Il braccio destro di Schlein, Taruffi, è stato chiamato a metterci la faccia dopo ogni voto. Anche quelli di Calabria e Marche, quando per il centrosinistra è andata male. Per lui è arrivato il momento di dire quello che tiene dentro da qualche mese: «Se mettiamo insieme il voto delle ultime dieci regionali del 2024 e 2025, il Pd è il primo partito con 2,2 milioni di voti, FdI ha 1,7 milioni e il centrosinistra è davanti al centrodestra. Questi sono numeri, non sondaggi».
Per giudicare le performance dei vari partiti c'è tempo. I voti definitivi arrivano piano piano. Per il momento, «Il Pd dimostra una buona solidità ovunque - è l’analisi del direttore di Youtrend Lorenzo Pregliasco - In chiaroscuro il risultato del M5s in Campania: da un lato conquista la seconda regione in Italia, dall’altro si mostra non determinante nelle elezioni locali, nemmeno nella sua roccaforte».
Al centro, il presidente di Iv, Matteo Renzi, punta fortemente sul campo largo: «L'alternativa c'è, da Casa Riformista fino alla sinistra». Anche Riccardo Magi di Più Europa: «Uniti si vince». Il presidente di Azione, Carlo Calenda, si tiene invece fuori dagli entusiasmi: le regionali sono «un inutile campionato».