I FUNERALI
Ornella Vanoni, addio in musica per un talento senza fine: Brera tra applausi, lacrime e note
Nello stesso luogo in cui Giuseppe Verdi eseguì per la prima volta il suo Requiem e dove, quattro anni fa, si tennero i funerali di Carla Fracci, una folla di ammiratori è accorsa per l’ultimo saluto
Un commiato in musica per Ornella Vanoni. E non poteva essere altrimenti, poiché le note hanno attraversato, senza esserne l’unica dimensione, l’intera sua esistenza. Già un’ora prima della celebrazione la chiesa di San Marco, nel cuore di Brera, dove l’artista ha trascorso gran parte dei suoi 91 anni, era gremita. Nello stesso luogo in cui Giuseppe Verdi eseguì per la prima volta il suo Requiem e dove, quattro anni fa, si tennero i funerali di Carla Fracci, una folla di ammiratori è accorsa per l’ultimo saluto, mentre dal dehors di un locale vicino risuonavano i suoi brani.
Un omaggio annunciato, dopo le lunghe file alla camera ardente, visitata da novemila persone. Nel primo banco sedevano il figlio, Cristiano Ardenzi, e i due amatissimi nipoti, Camilla e Matteo. Nelle prime file riservate ai familiari, agli amici e alle autorità, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il sindaco Giuseppe Sala, la ministra dell’Università Anna Maria Bernini, il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi.
Tra gli artisti, Gianna Nannini accanto a Roberto Vecchioni, Samuele Bersani, Iva Zanicchi, Fabio Fazio con Luciana Littizzetto, Virginia Raffaele, Mario Lavezzi, Dori Ghezzi, Paolo Jannacci, Raffaella Curiel, Andrée Ruth Shammah, Mahmood, e Giuliano Sangiorgi, arrivato in ritardo.
Presenti anche i vertici del Piccolo Teatro, dove lei esordì come attrice nel 1957: un tributo alla sua versatilità di interprete, volto televisivo, madre, nonna e, soprattutto, cantante. Poche parole, molta commozione. Nel giorno del lutto cittadino proclamato da Milano, in chiesa anche i gonfaloni del Comune, della Città metropolitana e della Regione.
“Le canzoni diventano veri e propri ritornelli della vita” ha ricordato nell’omelia don Luigi Garbini, sottolineando come “ci rendiamo conto quanto la vita artistica di Ornella sia così dentro la nostra esistenza da non riuscire neanche più a scinderla dalla nostra storia personale e, in senso più generale, dalla storia culturale italiana”.
Il sacerdote ha intrecciato ai ricordi i versi delle sue canzoni: l’ammissione delle fragilità (“ho sbagliato tante volte ormai”), la depressione di cui ha “coraggiosamente” parlato, la sincerità, la creatività, l’ironia, la “libertà”, “il suo stile leggero, diretto, direttissimo che ha bucato tutti gli schermi, facendocela sentire una di noi”. “È sempre stata la musica a impossessarsi di lei”, ha aggiunto citando il giornalista Gino Castaldo. “Ornella è stata posseduta dall’inizio della sua vita alla fine. Ma questa fine che viviamo oggi in realtà è un nuovo inizio”.
E di nuovo inizio ha avuto il sapore anche la conclusione dell’omelia, quando dall’abside Paolo Fresu, amico e collega cui la stessa Vanoni aveva chiesto di suonare, è avanzato fino al pulpito e ha eseguito alla tromba una struggente versione di “L’appuntamento”. “Ogni tanto mi dicevi: ‘Amore, prima o poi dovrò morire, lo sai, vero?’. Ma io, io non ti ho mai creduta davvero” ha detto il nipote Matteo al termine della celebrazione. “Porto una parte di te dentro di me. Grazie dell’onore” ha aggiunto Camilla, prima di intonare “Senza fine, sei un attimo senza fine”.
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Poi il feretro di legno chiaro, sormontato da una corona di gerbere e lilium gialli, è stato accompagnato all’esterno mentre l’organista eseguiva “Ma, mi…”, brano in dialetto milanese scritto da Giorgio Strehler e reso celebre da lei, amatissimo al punto da averlo cantato ai detenuti di San Vittore nel 2019 e, lo scorso anno, davanti al Piccolo Teatro alla vigilia del 25 aprile. In molti, timidamente, si sono uniti al canto. Un addio in musica, come in musica è stata la sua vita.
