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La famiglia che vive nel bosco diventa un caso anche politico: cosa sappiamo di Nathan e Catherine e perché il Tribunale ha tolto loro i bambini

La donna, con i piccoli è in una casa famiglia: vivevano in un rudere nelle montagne di Chieti senza acqua e senza servizi igienici (e secondo i magistrati anche senza adeguate cure)

Redazione La Sicilia

24 Novembre 2025, 13:03

La famiglia che vive nel bosco diventa un caso anche politico: cosa sappiamo di Nathan e Catherine e perché il Tribunale ha tolto loro i bambini

Sale la tensione politica e mediatica intorno al caso della famiglia neorurale di Palmoli, in provincia di Chieti, i cui tre figli sono stati allontanati con un provvedimento del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila. La decisione, adottata per tutelare i bambini che vivevano nei boschi senza acqua corrente né servizi igienici, ha innescato un confronto serrato che coinvolge istituzioni, comunità locali e forze politiche. I magistrati del Tribunale dell’Aquila hanno ricevuto dal Comitato di Presidenza del Csm una richiesta di apertura di pratica a loro tutela, sottoscritta da quasi tutti i consiglieri togati di Palazzo Bachelet — con l’unica eccezione di Bernadette Nicotra — e da alcuni consiglieri laici. Nel documento si richiama la complessità e la delicatezza delle scelte adottate, fondate su approfondite valutazioni tecniche e orientate esclusivamente alla protezione dei minori.

I consiglieri mettono in guardia dalla strumentalizzazione politica della vicenda, soprattutto nel contesto del dibattito giudiziario e referendario. La famiglia, guidata da Nathan e Catherine, ha abbracciato uno stile di vita neorurale a stretto contatto con la natura, suscitando però preoccupazioni sociali e profili di rilievo legale. Dopo una settimana turbolenta, Nathan, padre dei tre bambini, ha deciso di non rilasciare ulteriori dichiarazioni alla stampa. Lo ha annunciato al termine di un incontro con una trentina di nuclei neorurali di Palmoli, Tufillo e San Buono, i quali hanno optato per un “silenzio stampa” per evitare nuove polemiche.

La madre, Catherine, cittadina australiana e appassionata di cavalli, alloggia nello stesso stabile dei figli nella casa famiglia di Vasto, dove i minori sono attualmente ospitati. Sul piano umano, l’avvocato Giovanni Angelucci riferisce che i bambini sono tranquilli ma nostalgici e chiedono di tornare a casa. Il legale sta predisponendo il ricorso per ottenere la ricongiunzione, valutando anche interventi sull’abitazione rurale in linea con le prescrizioni del decreto, come l’installazione di un bagno vicino alla casa, oggi priva di servizi adeguati. Nathan, ammalato e preoccupato, resta deciso a battersi perché i figli possano tornare a vivere con lui e la moglie.

La controversia ha assunto un profilo politico nazionale dopo l’intervento del vicepremier Matteo Salvini, che ha espresso solidarietà alla famiglia. Salvini ha definito il provvedimento del tribunale “una vergogna e un pericoloso precedente” e ha annunciato sui social la volontà di fare il possibile affinché i bambini rientrino nell’abitazione dei genitori. Nel frattempo, l’Associazione Nazionale Magistrati abruzzese manifesta crescente inquietudine per quella che descrive come una “campagna d’odio” contro i giudici, impegnati in un contesto complesso e sensibile, con l’obiettivo primario della salvaguardia dei minori. Il clima, tra campagne mediatiche, petizioni online, contrapposizioni sociali e interventi istituzionali, appare sempre più incandescente.

Secondo l’ordinanza del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila, l’allontanamento è stato disposto principalmente per ragioni di sicurezza fisica, sviluppo psicologico e sociale, e tutela della salute dei bambini. I minori vivevano in un rudere fatiscente, privo di utenze, e in una roulotte nel bosco, in condizioni abitative precarie e non sicure anche sotto il profilo sismico. Il provvedimento richiama inoltre il rischio di lesione del diritto alla vita di relazione, poiché l’isolamento compromette il confronto con i coetanei, ritenuto essenziale per la crescita scolastica e sociale. Il tribunale ha evidenziato anche il rifiuto da parte dei genitori di consentire verifiche e trattamenti sanitari obbligatori, aggravando il quadro. L’intervento è stato motivato, infine, dalla necessità di garantire condizioni di vita dignitose e sicure, in assenza di agibilità e alla luce del rischio di gravi conseguenze fisiche e psichiche legate all’attuale sistemazione nel bosco.

La famiglia respinge le contestazioni, rivendicando la scelta di un’esistenza a contatto con la natura; tuttavia, la misura cautelare ha giudicato tali condizioni incompatibili con il benessere dei minori, privilegiandone la tutela immediata attraverso la collocazione in una casa famiglia insieme alla madre, in attesa della decisione sul ricorso.