PARIGI
Furto al Louvre, ecco come sono stati scovati i due sospetti ladri. Ma ancora nessuna traccia dei gioielli
La refurtiva probabilmente è in mano agli altri due componenti della banda ancora ricercati: gli arrestati sotto torchio affinché confessino i loro nomi
Ladri specializzati in gioielli, quindi schedati: è stato il Dna a tradire i due trentenni che, una settimana dopo il clamoroso colpo al Louvre, sono stati arrestati mentre stavano per lasciare la Francia. Identificati ormai da giorni, erano pedinati dalla polizia, costretta ad intervenire uscendo alla scoperto soltanto ieri sera, quando uno dei due - un franco-algerino - stava per imbarcarsi sull'ultimo volo di Air Algérie, delle 20.40, diretto ad Algeri. Subito dopo, altri agenti sono stati spediti ad arrestare il complice, coetaneo e abitante nello stesso quartiere di banlieue a nord di Parigi, Aubervilliers.
La notizia, che si è riusciti a tenere riservata soltanto per qualche ora, ha certamente suonato l’allarme per l’altra metà della banda, di cui non si hanno ancora notizie. E che probabilmente ha con sé la refurtiva, i preziosi 8 gioielli della Corona francese rubati dalla Galleria di Apollo al primo piano del museo parigino, il più grande del mondo.
Ad incastrare i due trentenni, sono state immagini delle telecamere di sorveglianza, tracce di telefonate, ma soprattutto i 150 prelievi con tracce di Dna lasciate sugli oggetti che la banda avrebbe voluto portare via o bruciare ma che è stata costretta ad abbandonare nella fuga. Non soltanto la preziosa corona di Maria-Eugenia, imperatrice dei francesi e moglie di Napoleone III, un diadema di valore incommensurabile con incastonate migliaia di diamanti e smeraldi. Ma anche oggetti molto più banali, due fresatrici, una fiamma ossidrica, benzina, guanti, un walkie-talkie, un gilet giallo, una coperta e un casco da motociclista.
L’incrocio di informazioni contenute nei Dna presenti su questi oggetti, con quelli contenuti nei file delle persone schedate, ha consentito all’esercito di 100 inquirenti lanciato sulle loro tracce di identificarli in poche ore.

I due sospetti, in base alla legge francese, potranno restare in stato di fermo fino a 96 ore, poi essere lasciati in libertà o portati davanti a un giudice per la formalizzazione delle accuse. Sono considerati ladri esperti, specializzati in furti e rapine alle gioiellerie. Risultano però essere degli esecutori di livello, che agiscono solitamente su commissione.
Agli inquirenti, resta da individuare - oltre ai complici - anche la rete criminale che ha commissionato il colpo al Louvre, oltre che recuperare i gioielli il cui valore è stato fissato - dallo stesso museo - in 88 milioni di euro.

«Le mie più vive congratulazioni agli inquirenti che hanno lavorato senza sosta, come avevo loro chiesto, e che hanno sempre avuto la mia completa fiducia», ha scritto su X Laurent Nuñez, ministro dell’Interno francese, subito dopo la divulgazione della notizia del doppio fermo.
«Le indagini - ha aggiunto - devono proseguire nel rispetto del segreto istruttorio sotto l’autorità della giurisdizione della procura di Parigi. Avanti con la stessa determinazione, continuiamo!».
Gli interrogatori ai quali vengono sottoposti i due fermati in queste ore puntano innanzitutto a far loro confessare il nome dei due complici, che hanno fatto perdere le loro tracce.
Dopo gli appena 7-8 minuti necessari a salire con il montacarichi fino al primo piano del museo, fronte Senna, i ladri sono riusciti a fuggire ma erano già consci che gli allarmi del museo avevano messo sulle loro tracce i guardiani e la polizia. Per questo motivo, pressati dal tempo, non sono riusciti ad incendiare - come era loro intenzione vista la gran quantità di carburante lasciato in terra - tutti gli oggetti che non potevano portar via a bordo dei due potenti scooter predisposti per la fuga. Hanno tentato di dar fuoco anche al montacarichi, senza successo. Questo ha consentito agli inquirenti di appurare in poche ore che si trattava di uno strumento rubato in banlieue qualche giorno prima ad un lavoratore del settore edile che lo aveva messo in vendita ed era stato picchiato e derubato.