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LUTTO NEL MONDO DELLA MUSICA

Addio al maestro Peppe Vessicchio, storico direttore d'orchestra di Sanremo

È morto all’età di 69 anni all’ospedale San Camillo di Roma, dove era arrivato a seguito di una complicazione improvvisa.

Alfredo Zermo

08 Novembre 2025, 16:09

09 Novembre 2025, 00:30

Addio al maestro Beppe Vessicchio, storico direttore d'orchestra di Sanremo

C’è una voce che resterà per sempre nella memoria collettiva del Paese. Quella che, con tono inconfondibile, annunciava: «Dirige l’orchestra il maestro Peppe Vessicchio». Bastava quella frase, un cenno della bacchetta, un sorriso appena accennato, e tutto tornava al suo posto: il cantante, l’orchestra, il pubblico. Un equilibrio raro, quello che solo lui sapeva creare.

Peppe Vessicchio è morto a 69 anni all’ospedale San Camillo di Roma, dopo una complicazione improvvisa seguita al ricovero per una polmonite interstiziale. Con lui scompare non soltanto un musicista, ma una presenza discreta e rassicurante, un volto capace di attraversare la televisione e la vita quotidiana degli italiani con la stessa misura di un accordo ben intonato.

Figura popolare e insieme raffinata, Vessicchio ha incarnato un’idea di musica come forma di armonia interiore, non di protagonismo. Sul palco di Sanremo — dove debuttò nel 1990 e tornò per decenni — il suo nome divenne un simbolo, un marchio d’eleganza. Il maestro con la barba ordinata, lo sguardo mite, la gestualità essenziale. Era l’immagine di un’Italia che cercava bellezza senza clamore.

Nato a Napoli il 17 marzo 1956, cresciuto tra i vicoli dove la musica è una lingua madre, Vessicchio si diploma in pianoforte e comincia come arrangiatore per artisti partenopei: Nino Buonocore, Edoardo Bennato, Peppino di Capri, Lina Sastri. Il talento per la misura e per l’equilibrio lo porta presto oltre il Golfo. Negli anni Ottanta l’incontro con Gino Paoli apre un sodalizio artistico che segnerà la canzone italiana: Ti lascio una canzone, Una lunga storia d’amore, Cosa farò da grande.
Per un periodo suona nei Trettré, ma quando il gruppo sceglie la via del cabaret, Vessicchio si ferma: «Non volevo far ridere, volevo far vibrare», dirà poi con la sua consueta semplicità.

È però il Festival di Sanremo a consacrarlo nell’immaginario collettivo. Quattro vittorie come direttore d’orchestra — con Avion Travel, Alexia, Valerio Scanu e Vecchioni — e una costellazione di collaborazioni: da Mia Martini a Mango, da Elio e le Storie Tese ad Arisa. La sua presenza sul palco diventò negli anni un fenomeno affettivo, prima ancora che musicale. Quando il pubblico lo vedeva entrare in scena, partiva l’applauso spontaneo: un riflesso di gratitudine.

Ma Vessicchio non era solo il “maestro di Sanremo”. È stato autore, compositore, insegnante, divulgatore. Dal 2001 al 2012, e poi di nuovo dal 2018 al 2022, ha portato la sua idea di musica nel talent show Amici. Con garbo e ironia insegnava ai ragazzi che la disciplina non è rigore, ma rispetto per l’armonia: «Ogni persona è come una corda — diceva — e vibra quando incontra la sua passione».

La sua visione era insieme estetica e morale. Parlava spesso dell’“armonia naturale” come chiave di lettura del mondo: «È l’ottimale condizione degli elementi di un insieme». Non solo in musica, ma nella vita. Cercava la giusta vibrazione tra suono e silenzio, tra l’azione e l’ascolto. «Bisogna trovare la propria velocità — spiegava — quella che è tua, non quella del mercato».

Nel 2024, quando la Scala di Milano eseguì la sua composizione Tarantina, Vessicchio commentò con la misura di chi non ha mai cercato riflettori: «È come tornare a casa dopo un lungo viaggio».

E in effetti il suo viaggio non è mai stato solo musicale. Negli ultimi anni aveva fondato con l’imprenditore Riccardo Iacobone la cantina Musikè Vini, dove i vini venivano affinati al suono di frequenze armoniche. Un esperimento di “musicoterapia enologica”, come la definiva lui, che finanziava borse di studio per giovani musicisti. «Dentro un calice di vino — diceva — c’è la stessa armonia che cerco in un’orchestra: il dialogo tra l’uomo e la natura».

Napoli gli aveva dato il ritmo, ma il mondo lo aveva accolto. Ha diretto orchestre a Mosca, Parigi, Città del Messico, Milano. Era socio di Trenta Ore per la Vita, direttore artistico dello Zecchino d’Oro, giurato al Festival di Castrocaro, sempre pronto a prestare la sua competenza a progetti di solidarietà.

«Dirigere l’orchestra è una frase che mi insegue — raccontava — ma io non volevo dirigere: volevo unire». Forse è tutto qui il suo lascito. La capacità di essere popolare senza essere mai banale, di insegnare la bellezza senza pontificare.

Amava citare Vinícius de Moraes: «La vita è l’arte dell’incontro». E tutta la sua esistenza è stata davvero un incontro continuo — tra mondi, suoni, persone, idee.

Peppe Vessicchio ha diretto l’orchestra della vita con la grazia di chi sa che ogni nota, prima di essere suonata, va ascoltata.